Venerdì sera ricordando la giovane iraniana barbaramente uccisa per non portare regolarmente il velo, piazza Politeama era affollata e partecipe applaudendo ed elevando simbolicamente veli da bruciare. Questo è bello e va considerato: una città che fa memoria e grida libertà. E questo già vuol dire che ci può esprimere anche con un inno divenuto oggi espressione di un grande comune bisogno spesso calpestato.

 

Concetta (Anita) Sansone

Sapevo già che a Palermo, venerdì 7 ottobre, ci sarebbe stato un flashmob in solidarietà delle donne iraniane quando ho ricevuto una telefonata nella quale mi si chiedeva di leggere qualcosa per l’occasione scegliendo qualche testo adatto.

Ho avuto qualche dubbio a partecipare perchè non amo la folla e soprattutto non amo il rischio che una manifestazione diventi una “vetrina” o che, peggio ancora, si trasformi in una competizione o una lotta tra schieramenti. Per giorni mi sono chiesta se esistessero delle parole capaci di esprimere il vissuto delle donne iraniane, e mi è parso che ogni parola sarebbe stata, per me, insufficiente e inadeguata: il pensiero dei corpi violati, mutilati e uccisi delle donne iraniane e di tante altre nel mondo mi hanno risolto a fare la mia parte nel paese in cui vivo, a chiedermi quale fosse l’atto dovuto. Ho capito che dovevo e devo fare la mia parte qui, ora, nel paese in cui vivo.

Ho pensato che esistono veli concreti, indossati, contro la loro volontà, da molte donne, da troppe donne, ma che purtroppo vi sono anche anche veli di altro genere. Penso a veli metaforici, e comunque gravosi, come quelli della  massificazione, del consumo indiscriminato, della prevaricazione sugli altri, della violenza sui più deboli e sui più fragili.

Ritengo che bisognerebbe strappare il velo del pregiudizio che porta a discriminare ingiustamente, quello della paura e della viltà che ci vieta di  denunciare i soprusi e la violenza.

E di fronte ai tantissimi uomini e alla tantissime donne che affollavano la piazza, a Palermo, proprio quel venerdì 7 ottobre, ho avuto chiaro che c’è bisogno di pace e di solidarietà.

Occorre rischiare, in pochi o in molti che ci ritroviamo, ad andare in una direzione che abbia davvero il senso della verità e dell’umanità con un governo sano, democratico e lungimirante che lo consenta.

Perchè nessuno  tocchi chi non può difendersi.

 

Nota biografica:

Concetta Sansone (detta Anita)  insegna lettere nelle Scuole di II grado da 32 anni. Come doula indipendente si occupa di benessere fisico ed emotivo delle donne. Legge per eventi culturali e cura la pagina LETTURE PUBBLICHE: UNA VOCE PER LA SCRITTURA