Vittoria Marsala

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto di Vittoria Marsala

Viviamo il tempo del controllo. Sappiamo ed esigiamo di sapere, comodamente e ansiosamente in tempo reale, le indicazioni stradali, i piatti del giorno di un ristorante, com’è vestita oggi una bionda di successo e cosa ne pensi il nostro vicino di casa dell’ingorgo sulla statale. Lo sviluppo tecnologico delle ultime due decadi ha reso inevitabile e quotidiana la pratica dell’immediatezza. Si parla tanto di intelligenza artificiale, o AI, ma credo possa essere utile fare un passo indietro e concentrarci sul primo di questi due termini, che associato al secondo, talvolta, sembra perdere la profondità e la complessità del suo significato. In una recente intervista Lorenzo Magri, psicologo milanese, sostiene che l’intelligenza umana non si caratterizzi come un fattore coerente e delineato, bensì come il frutto di un insieme di abilità, comportamenti, pensieri ed emozioni. Nel 1909 Alfred Binet supponeva che possa essere un connubio sinergico di facoltà umane: la comprensione, la direzione, l’invenzione, e la critica. Potremmo quindi desumere che l’intelligenza artificiale non sia poi cosi intelligente, poiché non possiede la creatività necessaria all’inventare, né una sfera emotiva per il sentire, né tanto meno il senso critico indispensabile al giudizio. Sarebbe più corretto provare a immaginarla come uno strumento tecnico, il cui impatto sulla società porta con sé una quantità enorme e determinante di rischi, contraddizioni e, magari, vantaggi. L’AI si basa su un sistema di raccolta di dati finalizzata all’imitazione e all’automazione della materia umana, che tutti noi aggiorniamo ogni giorno, inconsapevolmente. È un dato di fatto che quelle pochissime realtà che hanno il compito dello sviluppo di questi software detengono un controllo pressoché totale sulla cultura e sulla vita, non solo di coloro che possiedono un computer o uno smartphone, ormai una maggioranza netta, ma anche di quei pochi che, oggi, tenderemmo a immaginare ‘tagliati fuori. La conoscenza degli strumenti di chi detiene il cosiddetto Potere è un’arma fondamentale per potersi sottrarre a inibimenti e manipolazioni. Roberto Cingolari, amministratore delegato del gruppo Leonardo, dice una cosa vera rispetto all’utilità di poter simulare e prevenire i fenomeni, opportunità che, se rivolte ad argomenti come la crisi climatica o il progresso della medicina sono e potrebbero essere più che utili. Tuttavia continuo a pensare sia necessaria una maggiore educazione all’uso quotidiano della tecnologia e dei suoi dispositivi. Un’educazione politica e genuina, paziente nei confronti di chi ancora non riesce a capire e onesta verso quelli di coloro che nel progresso tendono a sperare troppo, senza sapere tutto. La fruibilità di questi mezzi non è decisamente relegata all’ambito scientifico ed è legittimo il timore che il gioco possa non valere la candela. La pretesa dell’immediato ci è stata insegnata dagli ultimi gridi del mercato metavertico, ovvero dai socialnetwork in continua evoluzione, così come da tutta quella lunga serie di applicazioni il cui lavoro è fare le cose al nostro posto, e provoca l’instaurarsi di falsi bisogni, atrofizza alcune doti propriamente umane, rende impossibile la coltivazione del desiderio, impedisce l’accettazione della distanza, uccide l’importanza del tempo. È impossibile esistere e convivere con noi stessi se il mondo sfreccia a una velocità che per definizione e intenzione diviene disumana. È uno dei motivi per cui tra gli adolescenti (e non solo) è sempre più comune soffrire di disturbi d’ansia, deficit dell’attenzione, iperattività e così via. Tutto e subito, sebbene nel fagocitare s’ingurgiti aria. Il mondo non è un oggetto disponibile per sé stesso e riducendolo a un oggetto misurabile non si genera conoscenza, ma controllo. Ce lo svela nel 1924 Martin Heidegger in “II concetto del tempo”, ancor prima di scoprire una cosa ancora più importante, è indissolubile la relazione fra Essere e Tempo. (1927) Per Heidegger essere significa esserci. Esserci significa non essere semplice presenza, per esserci l’essere umano deve appropriarsi di sé costituendosi di coscienza, perché la coscienza diviene cura nel senso di attenzione alle cose del mondo. Non diremmo che un cuscino è un‘arma pericolosa, eppure statisticamente il numero di morti per soffocamento con cuscino è altissimo. Ogni strumento di cui disponiamo, detiene una sua quota di pericolosità: dal cuscino fino alla scienza. La bomba atomica è stata un’invenzione barbara, violenta e distruttrice. Lo sviluppo tecnico e le scoperte scientifiche che ne hanno consentito la realizzazione erano novità straordinarie. Non si può fermare la voracità del progresso, forse personalmente aggiungerei un “purtroppo”. È il motivo per cui è urgente arrendersi al fatto che è il tempo c’è ed è come è, che non lo si può cambiare, che non lo si annienta correndo noi al suo posto. Il tempo serve. È imprescindibile per essere intelligenti, quindi empatici, creativi e critici. É fondamentale per renderci conto che il paio di scarpe di pelle di lama non è un bisogno impellente a casa nostra domani. Per dare il giusto spazio al desiderio, assicurarci non sia un vezzo effimero indotto dalla moda. Per riabituarsi alla gravità intima della memoria e del ricordare. Per muoversi nel mondo accettando le distanze che la natura ha posto, per sentire il sapore che ha viaggiarlo. È urgente riacquisire la consapevolezza, rinunciare a sapere com’è vestita oggi la bionda e fare pace col tempo, per tornare a esserci.

 

Vittoria Marsala ha vent’anni e vive a Torino dove frequenta la Scuola Holden. Ex studentessa in Lettere moderne, autrice di racconti, con la passione per il giornalismo culturale e per l’arte contemporanea, ha collaborato con Associazioni Culturali e Collettivi politici. È attivista di Mediterranea Saving Humans. E crede nelle parole