Marcello Benfante

Segnaliamo, da cronisti letterari e senza eccessive pretese critiche, la costante crescita di Gian Mauro Costa come scrittore (si veda il suo intenso romanzo “Luci di luglio”, edito da Mondadori nel 2022) e ora anche come giallista.

“Ti uccido per gioco” (Mondadori, pp.276, euro 17,50), appena apparso nel panorama vastissimo e straripante del poliziesco italiano contemporaneo, si rivela immediatamente come un esercizio (e il termine non sembri riduttivo) che attesta una più sicura professionalità ed esperienza dell’autore.

“Esercizio” nel senso soprattutto di un’episodicità seriale del testo (protagonista, anche se non assoluta, è ancora una volta la giovane poliziotta Angela Mazzola, personaggio assai riuscito che i lettori hanno già incontrato e apprezzato in “Stella o croce” e “Mercato nero”, entrambi editi da Sellerio).

Ma a questo aspetto di continuità settoriale si aggiunge forse un elemento nuovo (almeno in parte) di maggiore documentazione, di più accurato realismo (a partire dalla verosimiglianza delle procedure investigative e burocratiche, per la quale l’autore riconosce il contributo di Piergiorgio Di Cara) che dimostra una matura padronanza delle capacità di concertazione e organizzazione del plot.

Che Costa fosse una voce autorevole e originale della narrativa poliziesca (e non solo) era già cosa risaputa da critici e lettori (e certamente lo era a me, fin dal felice esordio con “Yesterday” per Sellerio nel 2001).

E tuttavia tra le pagine di questa sua ultima fatica, uno strano delitto apparentemente maturato nell’ambiente dei war games e delle simulazioni paramilitari denominate Soft Air, si scorge un meticoloso fervore laboratoriale, quasi un fermento di officina, di attenzione a notazioni ambientali o caratteriali, che si sposa felicemente a elementi intuitivi e di fantasia creativa.

Il mystery writer funziona, insomma, ma non a detrimento di una scrittura sui generis che si sostanzia di osservazioni sociologiche e antropologiche, di un vivace impressionismo fatto di luci e suoni, comportamenti ed epifenomeni (in cui peraltro si intravvede la formazione giornalistica di Costa, ancorché arricchita da una sottile sensibilità artistica).

La ricchezza del testo, così denso di particolari relativi al contesto cittadino e alla provincia, alla loro storia e alle loro mutazioni, alla dimensione interiore dei personaggi e alle dinamiche sociali, non appare mai come un’artificiosa strategia di occultazione e mimetismo degli indizi tipica del Detective Novel. Bensì rivela una vocazione narrativa complessa e versatile in cui si coglie, al di là dell’impianto giallo, peraltro ben saldo, la dominante di un tono crepuscolare relativo alla fragilità della condizione umana.

Se certe postille (soprattutto enogastronomiche e musicali) possono ricondursi a un uso strumentale e quantitativo del testo, un po’ per moda e un po’ per esigenze di camuffamento degli elementi probativi, certi rimandi, frequenti e non meramente riempitivi, a una condizione esistenziale umana (il tempo che inesorabilmente scorre, l’avvento della vecchiaia, la rivelazione della malattia, l’annuncio improcrastinabile della morte, la necessità di cogliere in tempo l’attimo fuggente) consegnano al lettore una cifra intertestuale di malinconica e umbratile interpretazione.

Sicché “Ti uccido per gioco” sembra giocare, fin dal titolo stesso, con un ossimorico sdoppiamento: da un lato l’ammicco multimediale a soluzioni narrative di tipo filmico o televisivo (si veda lo stile quasi da sceneggiatura implicito e talora, come nell’epilogo, esplicito) ma dall’altro l’insistenza sui grandi temi della vita e della storia (e soprattutto l’insofferenza, evidente a partire dall’esergo di Jim Morrison, per i deliri della guerra e per i trastulli demenziali e carnascialeschi delle parodie belliche).

Uno sdoppiamento proficuo e vitale attraverso cui Costa scongiura abilmente il pericolo (purtroppo attualissimo) di trasformare la narrativa poliziesca odierna in una sorta di gioco di simulazione letteraria che alla lunga si rivelerebbe (e, ahimè, si rivelerà) fatale.