Egle Palazzolo

Sotto un certo aspetto potremmo chiamarla un’altra faccia ancora del femminismo. Che vuol dire prendere in mano le situazioni, programmarsi, lavorare e battersi anche su un terreno prevalentemente maschile per ottenere risultati evidenti con quel tanto di diversamente positivo che è della donna. Né lotta né spallate ma la voglia di misurarsi con il mondo intorno perché nulla è immobile o scontato.

Per molti aspetti ne dà esempio “l’Associazione le donne del vino” che invitate dal Lyons club Palermo dei Vespri, dalla Inner Wheel di Qarinis e dall’Associazione Volo, hanno, nelle scorse settimane, incontrato un folto pubblico al villino Florio all’Olivuzza. Una presentazione di vita e lavoro comune, un racconto vivace e spontaneo, un invito alla convivialità. E il ricordo commosso ma al tempo stesso stimolante per i suoi propositi e le sue direttrici di marcia, della loro compagna Marisa Leo, anche lei vittima di femminicidio per mano del compagno, padre della sua bambina, a sua volta suicida.

A introdurre le socie ed amiche è stata Roberta Urso responsabile Pr e Comunicazione di Cantine Settesoli ed è a lei che chiediamo di riassumere la loro ormai corposa storia sia sul nostro territorio, sia in quello nazionale, le loro intenzioni, il significato autentico di convivialità, l’invito alla pace comune. In una parola ciò che c’è di nuovo nella loro imprenditorialità.

Nata nel 1988, oggi l’associazione nazionale Le Donne del Vino è l’associazione femminile di categoria più grande al mondo e conta più di 1080 associate tra produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier, giornaliste ed esperte di vino in tutta Italia.
Il nostro obiettivo principale? Diffondere la cultura e la conoscenza del vino attraverso la formazione e la valorizzazione del ruolo della donna nel settore vitivinicolo.
Si cominciò che eravamo una ventina di socie che ben presto videro radunarsi intorno a loro decine di altre protagoniste del mondo del vino, nel 2023 siamo più di mille.
E l’impostazione trasversale fu anticipatrice dell’evoluzione successiva della presenza femminile nel mondo del vino e oggi, a tutti gli effetti, possiamo considerarla un’idea fortemente innovatrice.

 Egle – Come si diventa socia? 

Roberta – Per essere ammesse nell’associazione occorre avere un vissuto professionale legato alla vigna e alla cantina e da qui alla tavola, quindi produttrici, ristoratrici, sommelier, enologhe. E inoltre giornaliste di settore, carta stampata e blogger, responsabili della comunicazione e del marketing di aziende vinicole. L’ammissione di quest’ultima categoria la dice lunga sull’importanza della comunicazione nella prospettiva delle attività dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino.

Le Donne del Vino hanno aperto la strada ad altre associazioni di donne impegnate in altri comparti economici con un format basato sull’inclusione dell’intera filiera da chi produce uva a chi scrive, vende, propone le bottiglie. Le Donne del Vino gode di una notevole reputazione sia in Italia che all’estero e riunisce produttrici, vignaiole, ristoratrici, enotecarie e giornaliste del settore.

Egle – Il vostro possiamo dire è un impegno sociale? 

Roberta -Vuol dire in effetti accrescere la cultura del vino e il consumo responsabile, promuovere il ruolo delle Donne del Vino nella società e nel lavoro, collegare le Donne del Vino favorendo iniziative condivise, la formazione e i viaggi di istruzione, portare la voce delle Donne del Vino alle istituzioni e alle organizzazioni del vino italiane ed estere.

Egle – Quindi vi sono dei principi ispiratori? 

Roberta – Certo, sono il rispetto del consumatore, la tutela del paesaggio, la ricerca della naturalità, l’educazione alla moderazione, la promozione della conoscenza del vino e del suo utilizzo come componente della dieta corretta, la sensibilizzazione sul valore etico e edonistico del cibo, aggiornamento costante professionale sia tecnico sia nella comunicazione, la promozione di eventi intesi a focalizzare l’attenzione del consumatore su vari temi in cui è impegnata l’associazione.
Nel 2019, durante SIMEI, le Donne del Vino, grazie alla collaborazione con Unione Italiana Vini, hanno organizzato la prima Convention Mondiale delle Donne del Vino del Mondo alla quale hanno partecipato le rappresentanti di dieci Paesi. Con questa iniziativa le Donne del Vino italiane fanno un altro passo verso la costituzione di network basato sullo sharing. 

Ci preme dire che l’associazione ha avviato nello stesso anno la campagna nazionale “tu non sei sola” contro la violenza di genere e la tutela delle donne vittime di violenza, mettendo in rete a livello nazionale decine di centri ed associazioni che si occupano professionalmente di questo tema ed avviano periodicamente iniziative regionali oppure nazionali.
La delegazione Sicilia, guidata da Roberta Urso e che oggi conta 86 socie, ha in tal senso progettato e già portato avanti un progetto denominato “DXD, calici di Vita”, alleanza tra produttrici e ristoratori per sostenere i centri di aiuto alla donne vittime di violenza dell’isola.

Egle – La morte di Marisa Leo, vostra attivissima socia, la tragedia inaspettata sulla vostra pelle, del femminicidio da lei subito, tutto ciò che avete vissuto non si ferma anzi…

Roberta – No, di Marisa tra noi continuiamo a parlare, non è morta. Rimane. Come simbolo di coraggio, di intraprendenza e di forza. E da “combattente” caduta sul campo contribuisce alla storia, storia bella e troppe volte amara delle donne.