Egle Palazzolo

Teatro Politeama domenica 13 marzo. Prima del godibile concerto del trio Balarm, conversazione di Walter Veltroni. Piuttosto che conversazioni si tratta di vere e proprie conferenze poiché non è previsto dialogo col pubblico – e non ci si lamenta per questo – e la durata è quasi sempre ben inferiore all’ora intera.

Era certamente atteso Veltroni da parte di un pubblico numeroso che gli riconosce garbo e naturalezza e lo ricorda sindaco di Roma e anche ministro dei Beni Culturali.

Una conversazione pacata su un tema complesso e difficile come “il valore dell’utopia” sul quale in definitiva si è avvicinato alle teorie di Tommaso Moro che infatti ha citato, il quale nel suo romanzo ipotizzava l’utopia come un’isola fiorente e vi esaminava uomini e società, famiglia e lavoro.

Utopia come denominazione completa che permette, come ha fatto Veltroni di valutarla non come ou topos ma come eu topos e su questa direttrice di marcia ha dimostrato quanti obbiettivi ritenuti impossibili, un sogno, si erano trasformati in realtà. Esempio: un bianco e un nero non potevano salire insieme in un bus o entrare in un locale, ora è naturale che lo facciano. Lo è meno, e l’oratore ha dovuto ricordarsene quando, in America, di recente, un paio di poliziotti si accaniscono verso un uomo di colore e lo uccidono. Ci consoliamo pensando che magari ora l’assassino subisce un processo e prima nessuno ci avrebbe fatto caso? E’ sufficiente? Possiamo contare quanti, palesemente o meno sono tuttora dallo loro parte? In realtà non è stato il solo esempio che ci è stato fatto come risultati felici che possiamo toccare con mano.

Un sano ottimismo da parte di Veltroni e l‘esortazione a non fermarci ai lamenti ma esaminare quanto abbiamo raggiunto, rispetto a un passato. Rispetto per esempio a una stolta seconda guerra mondiale (e non a caso ne fa contesto di un suo romanzo “la scelta” che narra vita e, difficoltà e violenze dal ’43 sino alla conclusione) e a un “dopo” di ripresa che faceva di noi gente ben più felice.

Veltroni ha una sua apprezzabile serenità di fondo e una sufficiente fiducia per sé e per gli altri .

La sua stagione politica fu abbastanza breve seppur indicativa e chissà per qualche aspetto utopica. Ha dovuto tirarsene fuori ma senza pubbliche recriminazioni e visibili umani rimpianti. Ora suo interesse è la scrittura (forse già nove i libri pubblicati) e anche il cinema. Sfuggiamo alla banalità di dire “alla cultura”. Comunque ascoltarlo è stato godibile, di buon accordo comune. A volte capita anche col buon professore del piano di sopra, il signore della porta accanto. Che si ritrova assediato da condomini che non trovano nulla da obbiettare quando, da pago pensionato, riesce a incoraggiare con la sua sana storia, la sua cauta filosofia, i suoi esempi, i suoi ricordi, la sua pacatezza e il suo sorriso amico. Via le paure e pensiamo al nostro buon presente rispetto a ciò che hanno patito le generazioni precedenti. L’utopia ha un suo valore, quello di essere o poter essere non un “Non Luogo” ma un “bel luogo”. Grazie professore speriamo di incontrarla a breve.