Egle Palazzolo

“Ei giunse e tenne un premio che era follia sperar”. Ce la ricordiamo quella figura frettolosa che un cronista de La7, Paolo Celata forse, individuò quasi al buio, nei pressi di Palazzo Chigi, mentre il Presidente Mattarella cercava di sciogliere il pesante nodo che si era creato per l’avvio di un governo che poi fu quello gialloverde.

Di nome faceva Giuseppe Conte, avvocato e docente universitario. Nessuna particolare notorietà, nessuna eclatante notazione nel suo curriculum. Ma offerto come soluzione dell’empasse tra il Capo dello Stato e Matteo Salvini per il disaccordo sulla nomina di un ministro ritenuta poco opportuna, salì al Colle per il tempestivo intervento di Luigi di Maio che aveva ottenuto la quadra.

L’Italia apprese che “Presidente del Consiglio” sarebbe stato, con un fianco a fianco che il tempo dimostrò tutt’altro che amicale, fra il responsabile della Lega e quello dei 5 Stelle, Giuseppe Conte. Elegante e corretto, consapevole certamente delle ragioni della sua nomina e delle intenzioni dei due fronti politici che lo tallonavano, rivelò una buona capacità di districarsi nel difficile ruolo che ben presto si andava convincendo che gli si fosse cucito addosso.

Non vi rinunziò infatti quando, circa un anno dopo, la composizione di quel governo si sgretolò con la trovataccia estiva di Matteo Salvini e si aggiustò in extremis, rovesciando radicalmente la sua composizione, divenendo giallorosso.

Non lo spiazzò neppure la prima durissima fase della pandemia, anzi parlando senza sosta agli italiani con aria paterna e piazzandosi in TV quasi a giorni alterni, si guadagnò una sua notorietà e simpatia. E, va riconosciuto, avviò positivamente i suoi contatti con il Parlamento Europeo indispensabile a un paese che non poteva contare in alcune necessarie certezze.

Giorno uno giugno 2018 il suo primo incarico, il 5 settembre del 2019 il successivo, il 13 febbraio del 2021 l’addio alla prestigiosa, difficilissima poltrona.

Il prof. Conte torna alla cattedra? No. Riprende alla grande la sua attività forense? No di certo. Conte che passa il testimone a Mario Draghi personalità ben nota e palesemente apprezzata in Italia e all’estero, si ritrova abbarbicato alla politica e con un imprescindibile bisogno di praticarla.

Ed eccolo, appena dopo, imboccare, fra ostacoli di vario tipo, la strada di capo politico del M5S e avere veste preminente nella compagine governativa di cui la coalizione fa parte e fra i suoi componenti. C’è tuttavia, da sempre, fra loro, Ministro degli Esteri nella prima e nella seconda stagione governativa, quel tal Luigi Di Maio (cui non sarebbe difficile dedicare un capitolo a parte) che fa giusto in tempo qualche mese fa, a spaccare il movimento in due tronconi pressocchè equivalenti per le vicissitudini non proprio positive in cui da tempo si trascina una coalizione a diverse facce. Con una sua storia, da sempre sotto il mirino di Alessandro Di Battista grillino delle prima ora e non a caso postosi all’esterno.

Non è il massimo per Giuseppe Conte ma probabilmente lo aveva già messo in conto. Mescola celermente le sue carte e ben presto i riflettori sono tutti o quasi su di lui che con un colpo di… coda riacciuffa un suo protagonismo: non vota in aula “il decreto aiuti” di cui spiega di non condividere alcuni passaggi che, come fatto notare, riteneva deteminanti. Abbia o no qualche ragione, nessuna di esse – fosse anche l’inceneritore a Roma, che era forse da trattare a parte – può far accettare agli italiani di buon senso e di qualsiasi colore politico, eventuali elezioni anticipate. Da noi ora, diversamente che dalla Francia, dove scadeva regolarmente il mandato presidenziale o dall’Inghilterra dove scadeva per ragioni non adamantine lo stesso premier, sono l’ultima delle soluzioni.

Allora? Conte trova un compromesso e ci ripensa? Buon per noi ma anche per lui perché in caso di elezioni anticipate gongolerebbe la Meloni, si sbraccerebbe Salvini, farebbe mediazioni Forza Italia, tenterebbe di guadagnare almeno due punti in percentuale il PD e di ricompattare le compagini di sinistra e probabilmente quel che sarà alle urne di “insieme per il futuro, ma lui, proprio lui, il prof. Conte, ha già chiaro cosa farà da grande? L’on. Azzolina ha già lasciato e sta con Di Maio. Paola Taverna e forse le altre lo seguono e non sarebbe male tuttavia se fosse espresso con maggiore chiarezza di scelte e finalità il pensiero di una componente femminile che ha avuto numero elevato nel movimento!

Se il loro leader vorrà continuare a essere il salvatore della patria con… il gran rifiuto proviamo ad analizzarne le conseguenze: Mario Draghi, che ha poco da preoccuparsi del suo futuro avrebbe il vantaggio di poter dire e con lui altri, che è stato interrotto mentre si adoperava per portare a termine il programma tracciato e tenere testa ad eventi di estrema gravità. La seconda è quella di far circolare fra noi con tutto quel che comporta il virus votazioni divenuto quasi pandemico.

A porvi rimedio per giungere a scadenza naturale e metterci al riparo rispetto a una serie di problemi da affrontare con urgenza, ancora una volta, Sergio Mattarella. Con le difficili possibilità che starà certo di già valutando.