Stefania Savoia

 

 

 

 

Il movimento femminista, come sappiamo, si evolve velocemente cercando di intercettare, soprattutto negli ultimi tempi, molte delle istanze di lotta attuali. Claudia Fauzia, attivista  siciliana ed economista specialista in studi di genere e delle donne, fa parte di questi nuovi e fecondi movimenti femministi che negli ultimi anni, grazie anche ai social si sono fatti ascoltare.

Fauzia si definisce “femminista terrona” e  da qualche anno ha iniziato un interessante percorso  con la sua associazione “Malafimmina”. Una comunità ricca e attiva che si propone di creare “una forte identità femminista siciliana e di far luce sulla questione meridionale e sulle sue implicazioni” e che vuole essere “un hub di iniziative transfemministe meridionali, un punto di riferimento territoriale per la comunità queer e un gruppo di pressione politica per una Sicilia più femminista”. Ho avuto il piacere di farle una breve intervista.

In un momento di grande cambiamento anche il linguaggio prova ad essere finalmente inclusivo per diventare uno degli attori di un mutamento sociale e culturale, tu scegli  due termini difficili, per molti, da vedere insieme:  Femminista e Terrona. Spiegaci un poco come nasce questo termine e come inizia il percorso che stai portando avanti con la tua associazione.

Il nostro gruppo nasce in maniera spontanea durante la pandemia, grazie ai social, come un gruppo di persone libere. Siamo studiose, artiste, attiviste interessate ad una prospettiva queer sul mezzogiorno. Dopo un paio d’anni di percorso insieme abbiamo ritenuto di formare un’associazione che ci è sembrata la forma più sostenibile per realizzare i nostri progetti. La nostra è un’associazione transfemminista orientata alla lotta per i diritti  Lgbtq+  in una prospettiva antirazzista e anticapitalista.

Abbiamo una prospettiva Meridionalista perché abbiamo l’esigenza di parlare di una posizione politica che consideri i divari del sud e le differenze gravi tra nord e sud su ogni tipo di diritto.

Riteniamo che sul sud si operi una discriminazione di tipo culturale basata su pregiudizi e stereotipi. Noi siamo considerati nullafacenti e zoticoni, tanto che questo stesso stereotipo è interiorizzato da tutti, anche da noi che viviamo questi territori. Spesso ci percepiamo come cittadini di serie b senza analizzare le cause di tipo politico che ci hanno portato a vivere questa situazione. Nella relazione tra sud e nord del nostro paese, si possono cogliere elementi di colonialismo che nemmeno i movimenti progressisti hanno saputo riconoscere. L’obiettivo è recuperare le memorie delle nostre antenate e delle persone delle nostra genealogia femminista, così da rileggere la storia e proporre una forma di femminismo che contenga anche il valore dei saperi del sud per una possibile contro narrazione.

Il tema della violenza di genere è, purtroppo, sempre attuale. Le donne muoiono per mano degli uomini in un fenomeno che sembra non fermarsi. La lotta alla violenza di genere passa anche dai social? Se sì come? Quali temi bisogna portare avanti e come?

E’ innegabile che i social siano una importante cassa di risonanza per tanti eventi e che siano veramente utili per portare le proprie idee dovunque. L’attivismo, certo,  si fa in piazza ma si può fare ovunque, anche sui social che sono strumenti potentissimi e generatori di eque opportunità. I social, ad  esempio permettono anche a chi si trova in luoghi lontani di collaborare e di essere ascoltati. L’idea è quella di poter muovere le masse e raggiungere un obiettivo politico grazie alla visibilità ottenuta. Sul tema della violenza, ad esempio si riesce a mettere in rete chi si occupa di questi temi sul territorio, trovare delle sinergie per potenziare le lotte. Grazie a questi strumenti abbiamo raggiunto anche diversi uomini che partecipano ai nostri eventi e si formano attraverso percorsi femministi. In generale riteniamo che il nostro ruolo sia relativo alla prevenzione e alla formazione. Il machismo si diffonde tra tutti i generi, tanto che le donne hanno imparato delle modalità maschili e non riescono a rintracciare il potere che determina le loro scelte. Certamente la nostra associazione si propone di fare rete con le realtà presenti che, quotidianamente, lottano contro la violenza e accogliere chi ha necessità di essere supportato.

 

Parliamo di territorio, parliamo della tua scelta di tornare al sud e dedicarti ad una lotta partendo dalla terra nella quale sei nata ovvero la Sicilia, mettendo in luce i punti di forza ma non dimenticando di denunciarne i mali. La Sicilia è ancora una terra di mafia, sfregiata dagli incendi, immersa nel malaffare. Cattiva e bellissima come mi piace dire. Nel riscoprire la tua, la nostra terra, su quali temi secondo te è urgente intervenire e come è possibile farlo?

Non ho mai avuto un rifiuto della Sicilia, come per varie ragioni, succede a tanti. Ho semplicemente fatto i miei studi a Bologna e poi mi sono specializzata in Spagna. Dopo diversi anni all’estero, però, ho desiderato tornare a casa. Un posto in cui comunicare con la mia lingua, dove riuscivo a riconoscermi.

Tornando mi sono resa conto di avere pregiudizi sulla mia terra, che ho riscoperto invece come una realtà molto vivace con spazi che permettono molteplici  interventi  politici. Quello su cui,  come associazione, vogliamo puntare, è  infatti ampliare la consapevolezza della  società civile sui temi del  femminismo e dell’antimeridionalismo. Fare riconoscere la  discriminazione che viviamo come abitanti del sud e influenzare le scelte, facendo pressione politica sulle istituzioni.

La lotta alla discriminazione sta anche nelle battaglie meno evidenti, come quando in Sicilia e nelle isole si decide di non distribuire un giornale per le difficoltà legate ai collegamenti. E’ successo, ad esempio nel 2021, quando siamo riuscite a far distribuire il settimanale “L’essenziale”  (settimanale della rivista Internazionale) anche da noi, quando la cosa non era prevista. Solo le azioni collettive possono cambiare le cose.

Nel tuo profilo su Instagram hai parlato anche del Turismo e di quanto poco rispetti territori come la Sicilia.

Ci hanno sempre raccontato che la Sicilia è un’isola votata al turismo ma quello che non ci hanno detto è che  le risorse non vengono redistribuite e che l’economia del turismo sfrenato comporta sfruttamento e precariato. E’ un’impostazione colonialista: in un territorio in cui mancano i servizi di base si mettono su servizi solo nei mesi estivi. Siamo sicuri che questo tipo di progresso porti dei benefici? Siamo sicuri di volere una privatizzazione selvaggia delle spiagge a scapito di coloro che vivono il territorio? . Il Turismo in un contesto difficile può essere utile solo dopo aver tentato di costruire una società equa che dia le stesse opportunità a tutte e a tutti.

Come immagini il futuro del femminismo?

Io lo chiamo femminismo ma potrebbe chiamarsi movimento di giustizia sociale. Non ha senso un percorso femminista che non includa la lotta contro il capitalismo  e l’antimeridionalismo. Sarà necessario approfittare delle nuove tecnologie come ad esempio l’Intelligenza artificiale (AI). Il femminismo deve stare al passo con le nuove scoperte e non rifugiarsi nel passato, investire nei nuovi spazi mettendoli al servizio delle proprie lotte.

È possibile seguire Claudia Fauzia su Instagram, il suo account è @la.malafimmina