Egle Palazzolo

Bruna, minuta, faccino arguto, espressione ironica e sorridente, di Giulia Cecchettin, parliamo da settimane. Anche se il suo caso, quello di rimanere inesorabilmente vittima della brutale violenza maschile, aveva un gran numero di precedenti e altri se ne sono assommati immediatamente dopo, abbia preso come non mai la cronaca e ribellato le nostre coscienze, egualmente corre il rischio che il silenzio cali su quanto nella sua specificità, abbia e stia suscitando. Oggi I suoi funerali, la gente che ancora una volta accorre, il grande schermo fuori dalla chiesa, lo spazio in più perché contenga la folla, ancora fuori insieme, per lei. C’è stato rumore sulla sua morte. Come la sorella ha chiesto. Rumore sulla donna massacrata da mano maschile. Il pianto sincero di chi la conosceva e anche di chi ha dovuto conoscerla solo attraverso tenere foto su ogni mezzo di comunicazione.  Accanto al dolore di un padre e di una amatissima sorella che aveva già fatto sentire la sua voce e il suo “credo” i saluti a Giulia dentro una cassa, possono dirci ancora qualcosa: che a cerimonia finita, non va chiusa questa tragedia ancora più emblematica di tante altre.

Giulia mostrava, e salta fuori facilmente rintracciando la sua vita giunta a soli 22 anni, una personalità forte, una gioia di vivere che solo il dolore per la perdita della madre aveva potuto offuscare, la voglia di studiare e di affermarsi ed era a un giorno da una meritata laurea che amaramente, le sarebbe stata conferita post morte.  Ma aveva soprattutto la consapevolezza di essere donna del suo tempo con l’autonomia e la libertà che ne è fondamento. Come tante sue coetanee aveva già accanto un compagno, giovane come lei e in corso di studi. Il compagno sbagliato.

Non lo sapeva e non se ne era accorta subito.: più o meno la stessa tipologia di famiglia, di ambiente, eguali libri di testo, sollecitazioni paritarie. Ma se l’umanità si dice sia composta da simili, ognuno di noi è “UNO”. E quell’uno, quello che considerava il fidanzato e che la considerava ormai “sua” non poteva esserle compagno, il compagno che ti sta bene, che ti appassiona, che ami. Comprenderlo, e le sue lettere alle amiche e le sensazioni della sorella di lei lo confermano, dovette essere delusione e vuoto. Forse tentò soluzioni. Infine probabilmente cercò una intesa per chiudere la loro storia ma si trovo davanti reazioni che la sorpresero e spaventarono, Chiarezza, legittimità di una rottura, non la prima, non l’ultima, alla quale Giulia arrivava non certo con piacere la trovarono spiazzata per ciò che lui andava mostrandole: l’incapacità di accettarla, di comprendere la sua decisione. Giulia che uscita di casa con lui e non più tornata, cercava una soluzione comune che non prostrasse quel ragazzo che le era comunque stato caro, pietosa di gesti inconsulti che temeva potesse fare contro sé stesso. La sua debolezza, la sua fragilità, aveva intuito, il bisogno di lei, che pure incalzava e criticava nelle scelte. E si sbagliava in pieno sulla direzione che, la debolezza, il disagio del maschio, di una parte del mondo maschile inesorabilmente prendono: quella della violenza contro la donna, e quasi sempre con ossessione, con ferocia. Stava per diventare una ennesima vittima e aveva comprensione per lui. 

E se Giulia si fa simbolo di questo sempre più evidente disagio della coppia per i troppi uomini incapaci di rispettare la libertà e la parità dei rapporti, se l ‘assassino è troppe volte irriconoscibile, se la sua soluzione del maschio che si rifiuta è l’omicidio e, a volte subito dopo il suicidio – dato anche questo mai dovutamente valutato, siamo in una società malata o almeno con gravi sacche di crescente malessere. Faremo in tempo a intervenire società civile e istituzioni?

E rimettiamo al suo posto, che siamo in tempo, confusi riferimenti al patriarcato come inopinatamente è capitato. Qualcuno ha autorità di intervento fortunatamente se ne è stupito. E tra questi Marco Travaglio che ha voluto far ricordare come il patriarcato fosse un sistema sociale con regole precise di comportamento, comunque apparentemente accettate, Nessuna ragione per il patriarca di uccidere l’ancella obbediente. Semmai è con la fine del patriarcato che si sono aperte le grandi spaccature.

È un’utopia sperare che specie ora che la violenza è il peggiore segno del nostro tempo, possiamo eliminare l’omicida. Ma visto che sono tanti facciamo qualcosa per frenare o evitare l’omicida in famiglia. Se ci prendiamo seriamente cura del perché, che non era pensabile, è morta Giulia, e ne ricaviamo ciò che umanamente serve, avrà fatto anche per questa giovane donna una carezza di pace in più.