Augusto Cavadi

 

Anche dopo l’ennesima violazione brutale del corpoanima di una donna si sono realizzate a Palermo delle iniziative di mobilitazione e di protesta. Tra queste un corteo (conclusosi con un concerto e un dibattito a Foro Italico), promosso da Ismaele Lavardera nel ruolo istituzionale di vice-presidente della Commissione regionale antimafia, contrassegnato da una caratteristica: destinatari specifici, anche se ovviamente non esclusivi, dell’invito alla partecipazione gli uomini. I maschi. I rappresentanti di quel genere che è il soggetto criminale di ogni molestia, di ogni stupro, di ogni femminicidio. 

Queste manifestazioni, specie se gestite – come in questo caso – senza volgari tentativi di strumentalizzazione partitica, sono certamente meglio di niente. E, anzi, non può non dispiacere che i partecipanti, da tutta la città e la provincia, siano stati al massimo un centinaio (per giunta di età superiore ai quarant’anni). Tuttavia rientrano nella logica abituale dell’emergenzialità e della parcellizazione. E’ la solita storia: la mafia è un problema quando uccide, non tra un omicidio e l’altro; l’assenza di una politica ecologica è un problema quando i boschi bruciano, non tra un incendio e l’altro…E, quando, sull’onda emotiva dell’emergenza, si interviene, lo si fa in ordine sparso: un’associazione qua, un comitato là. Senza nulla di permanente né di sistemico.

Eppure non mancano in Italia delle reti che coordinano, stabilmente, le iniziative maschili di ripensamento culturale-politico del sistema patriarcale e maschilista tuttora vigente (nonostante le grandi conquiste del femminismo): primo fra tutti il movimento “Maschile plurale” che, da più di trent’anni, ha prodotto appelli pubblici, convegni, seminari nelle università e nelle scuole, libri, filmati, mostre fotografiche (www.maschileplurale.it). Purtroppo le sedi sono più diffuse nel Centro-Nord del Paese: al di sotto di Roma, solo a Bari   e a Palermo (www.noiuominiapalermo.it ) . Per giunta si tratta di piccoli gruppi, numericamente inadeguati a recepire gli inviti provenienti da istituzioni scolastiche, associazioni, sindacati…Infatti una firma a un documento di denunzia o un like ad un post su Facebook – come si diceva una volta dei sigari e dei titoli di cavaliere – non si negano a nessuno. Ma se si tratta di dedicare una sera o due al mese a leggere insieme un libro, a mettere in discussione il proprio modo individuale di relazionarsi al genere femminile, a progettare interventi didattici secondo metodologie innovative, scattano tutte le remore di questa fase epocale di anoressia politica. Scontiamo, con la paralisi operativa, la sfiducia nelle prospettive globali di cambiamento (specie nell’egemonia della cultura edonistica, predatoria, militarista). Sino a quando continuerà questo letargo, neanche in questo campo avverranno miglioramenti significativi. Non ci resta che sperare nella decisione di qualche altro uomo in Italia, in Sicilia, a Palermo di coniugare la frequenza della tastiera con la voglia di verificare quanta energia si possa scatenare da un solo atomo di umanità.

 

(L’autore ha pubblicato, in sinergia con il “Gruppo noi uomini a Palermo contro la violenza sulle donne”, due piccoli volumi divulgativi: L’arte di essere maschi libera/mente. La gabbia del patriarcato e Né Principi azzurri né Cenerentole. Le relazioni di genere nella società del futuro, entrambi per l’editore Di Girolamo di Trapani).